La storia del recupero e della trasformazione del borgo Merlassino comincia dai nomi: fienile, stalla, porcilaia, pollaio, deposito, cisterna, letamaia, aia, tettoia, residenza agricola. Questi sono gli spazi e le funzioni che erano presenti in questo complesso agricolo. Tutti abbandonati, tutti dismessi, in avanzato stato di degrado; alcuni completamente invisibili perché interrati o ricoperti dalla vegetazione.
L’intervento decisivo per riscoprire il luogo non è stato fatto tanto sugli edifici, quanto sul carattere e sulla qualità dello spazio tra essi. Una nuova definizione delle quote altimetriche, dei singoli spazi di pertinenza rispetto alle funzioni insediate e infine la progettazione di vere e proprie tipologie di spazi aperti - quali i gradoni, il porticato, il prato e l’aia - ha consentito di mettere in relazione con una nuova logica tutti i volumi preesistenti. Ne è nata una nuova configurazione a borgo (da cui il nome), ricco di spazi aperti eterogenei e fruibili per varie attività.
La scoperta che l’edificio principale aveva una struttura portante costituita da muri in terra cruda, ha determinato la scelta di porre su di esso l’unico accento di diversità architettonica. Le sue facciate sono state ridisegnate tramite la bordatura in intonaco scuro delle preesistenti aperture e tramite un attento lavoro di ripulitura e salvaguardia dei campi in terra recuperabili.
Gli edifici accessori, ognuno con le sue peculiarità costruttive e dimensionali, hanno subìto adeguamenti specifici e dedicati, ma sono stati unificati dalla colorazione accesa dell’intonaco di finitura. Le integrazioni volumetriche proposte, necessarie per l’ampliamento delle funzioni e per il ripensamento del sistema distributivo, in alcuni casi, attraverso un deciso contrasto materico - come per i nuovi solai in ferro a losanghe - si manifestano con piena evidenza arricchendo il repertorio di soluzioni architettoniche e formali, in altri casi - come per le nuove aperture nella porcilaia - si integrano con naturalezza nella struttura preesistente.
Le ricostruzioni invece - per esempio quelle dei tetti - sono il frutto di una libera interpretazione delle tecniche tradizionali, che vengono reinventate a partire dagli elementi costruttivi trovati sul luogo. Lo scarto tra continuità materica e nuova soluzione costruttiva rinnova e adegua il linguaggio architettonico senza elementi di discontinuità. Il fronte di uno dei volumi del borgo è stato, inoltre, impreziosito dall’opera permanente OUSSER realizzata dall’artista Koo Jeng A.
Crediti fotografici Luigi Bartoli, Gabriele Leo, Fondazione La Raia
La storia del recupero e della trasformazione del borgo Merlassino comincia dai nomi: fienile, stalla, porcilaia, pollaio, deposito, cisterna, letamaia, aia, tettoia, residenza agricola. Questi sono gli spazi e le funzioni che erano presenti in questo complesso agricolo. Tutti abbandonati, tutti dismessi, in avanzato stato di degrado; alcuni completamente invisibili perché interrati o ricoperti dalla vegetazione.
L’intervento decisivo per riscoprire il luogo non è stato fatto tanto sugli edifici, quanto sul carattere e sulla qualità dello spazio tra essi. Una nuova definizione delle quote altimetriche, dei singoli spazi di pertinenza rispetto alle funzioni insediate e infine la progettazione di vere e proprie tipologie di spazi aperti - quali i gradoni, il porticato, il prato e l’aia - ha consentito di mettere in relazione con una nuova logica tutti i volumi preesistenti. Ne è nata una nuova configurazione a borgo (da cui il nome), ricco di spazi aperti eterogenei e fruibili per varie attività.
La scoperta che l’edificio principale aveva una struttura portante costituita da muri in terra cruda, ha determinato la scelta di porre su di esso l’unico accento di diversità architettonica. Le sue facciate sono state ridisegnate tramite la bordatura in intonaco scuro delle preesistenti aperture e tramite un attento lavoro di ripulitura e salvaguardia dei campi in terra recuperabili.
Gli edifici accessori, ognuno con le sue peculiarità costruttive e dimensionali, hanno subìto adeguamenti specifici e dedicati, ma sono stati unificati dalla colorazione accesa dell’intonaco di finitura. Le integrazioni volumetriche proposte, necessarie per l’ampliamento delle funzioni e per il ripensamento del sistema distributivo, in alcuni casi, attraverso un deciso contrasto materico - come per i nuovi solai in ferro a losanghe - si manifestano con piena evidenza arricchendo il repertorio di soluzioni architettoniche e formali, in altri casi - come per le nuove aperture nella porcilaia - si integrano con naturalezza nella struttura preesistente.
Le ricostruzioni invece - per esempio quelle dei tetti - sono il frutto di una libera interpretazione delle tecniche tradizionali, che vengono reinventate a partire dagli elementi costruttivi trovati sul luogo. Lo scarto tra continuità materica e nuova soluzione costruttiva rinnova e adegua il linguaggio architettonico senza elementi di discontinuità. Il fronte di uno dei volumi del borgo è stato, inoltre, impreziosito dall’opera permanente OUSSER realizzata dall’artista Koo Jeng A.
Crediti fotografici Luigi Bartoli, Gabriele Leo, Fondazione La Raia
La storia del recupero e della trasformazione del borgo Merlassino comincia dai nomi: fienile, stalla, porcilaia, pollaio, deposito, cisterna, letamaia, aia, tettoia, residenza agricola. Questi sono gli spazi e le funzioni che erano presenti in questo complesso agricolo. Tutti abbandonati, tutti dismessi, in avanzato stato di degrado; alcuni completamente invisibili perché interrati o ricoperti dalla vegetazione.
L’intervento decisivo per riscoprire il luogo non è stato fatto tanto sugli edifici, quanto sul carattere e sulla qualità dello spazio tra essi. Una nuova definizione delle quote altimetriche, dei singoli spazi di pertinenza rispetto alle funzioni insediate e infine la progettazione di vere e proprie tipologie di spazi aperti - quali i gradoni, il porticato, il prato e l’aia - ha consentito di mettere in relazione con una nuova logica tutti i volumi preesistenti. Ne è nata una nuova configurazione a borgo (da cui il nome), ricco di spazi aperti eterogenei e fruibili per varie attività.
La scoperta che l’edificio principale aveva una struttura portante costituita da muri in terra cruda, ha determinato la scelta di porre su di esso l’unico accento di diversità architettonica. Le sue facciate sono state ridisegnate tramite la bordatura in intonaco scuro delle preesistenti aperture e tramite un attento lavoro di ripulitura e salvaguardia dei campi in terra recuperabili.
Gli edifici accessori, ognuno con le sue peculiarità costruttive e dimensionali, hanno subìto adeguamenti specifici e dedicati, ma sono stati unificati dalla colorazione accesa dell’intonaco di finitura. Le integrazioni volumetriche proposte, necessarie per l’ampliamento delle funzioni e per il ripensamento del sistema distributivo, in alcuni casi, attraverso un deciso contrasto materico - come per i nuovi solai in ferro a losanghe - si manifestano con piena evidenza arricchendo il repertorio di soluzioni architettoniche e formali, in altri casi - come per le nuove aperture nella porcilaia - si integrano con naturalezza nella struttura preesistente.
Le ricostruzioni invece - per esempio quelle dei tetti - sono il frutto di una libera interpretazione delle tecniche tradizionali, che vengono reinventate a partire dagli elementi costruttivi trovati sul luogo. Lo scarto tra continuità materica e nuova soluzione costruttiva rinnova e adegua il linguaggio architettonico senza elementi di discontinuità. Il fronte di uno dei volumi del borgo è stato, inoltre, impreziosito dall’opera permanente OUSSER realizzata dall’artista Koo Jeng A.
Crediti fotografici Luigi Bartoli, Gabriele Leo, Fondazione La Raia
La storia del recupero e della trasformazione del borgo Merlassino comincia dai nomi: fienile, stalla, porcilaia, pollaio, deposito, cisterna, letamaia, aia, tettoia, residenza agricola. Questi sono gli spazi e le funzioni che erano presenti in questo complesso agricolo. Tutti abbandonati, tutti dismessi, in avanzato stato di degrado; alcuni completamente invisibili perché interrati o ricoperti dalla vegetazione.
L’intervento decisivo per riscoprire il luogo non è stato fatto tanto sugli edifici, quanto sul carattere e sulla qualità dello spazio tra essi. Una nuova definizione delle quote altimetriche, dei singoli spazi di pertinenza rispetto alle funzioni insediate e infine la progettazione di vere e proprie tipologie di spazi aperti - quali i gradoni, il porticato, il prato e l’aia - ha consentito di mettere in relazione con una nuova logica tutti i volumi preesistenti. Ne è nata una nuova configurazione a borgo (da cui il nome), ricco di spazi aperti eterogenei e fruibili per varie attività.
La scoperta che l’edificio principale aveva una struttura portante costituita da muri in terra cruda, ha determinato la scelta di porre su di esso l’unico accento di diversità architettonica. Le sue facciate sono state ridisegnate tramite la bordatura in intonaco scuro delle preesistenti aperture e tramite un attento lavoro di ripulitura e salvaguardia dei campi in terra recuperabili.
Gli edifici accessori, ognuno con le sue peculiarità costruttive e dimensionali, hanno subìto adeguamenti specifici e dedicati, ma sono stati unificati dalla colorazione accesa dell’intonaco di finitura. Le integrazioni volumetriche proposte, necessarie per l’ampliamento delle funzioni e per il ripensamento del sistema distributivo, in alcuni casi, attraverso un deciso contrasto materico - come per i nuovi solai in ferro a losanghe - si manifestano con piena evidenza arricchendo il repertorio di soluzioni architettoniche e formali, in altri casi - come per le nuove aperture nella porcilaia - si integrano con naturalezza nella struttura preesistente.
Le ricostruzioni invece - per esempio quelle dei tetti - sono il frutto di una libera interpretazione delle tecniche tradizionali, che vengono reinventate a partire dagli elementi costruttivi trovati sul luogo. Lo scarto tra continuità materica e nuova soluzione costruttiva rinnova e adegua il linguaggio architettonico senza elementi di discontinuità. Il fronte di uno dei volumi del borgo è stato, inoltre, impreziosito dall’opera permanente OUSSER realizzata dall’artista Koo Jeng A.
Crediti fotografici Luigi Bartoli, Gabriele Leo, Fondazione La Raia
La storia del recupero e della trasformazione del borgo Merlassino comincia dai nomi: fienile, stalla, porcilaia, pollaio, deposito, cisterna, letamaia, aia, tettoia, residenza agricola. Questi sono gli spazi e le funzioni che erano presenti in questo complesso agricolo. Tutti abbandonati, tutti dismessi, in avanzato stato di degrado; alcuni completamente invisibili perché interrati o ricoperti dalla vegetazione.
L’intervento decisivo per riscoprire il luogo non è stato fatto tanto sugli edifici, quanto sul carattere e sulla qualità dello spazio tra essi. Una nuova definizione delle quote altimetriche, dei singoli spazi di pertinenza rispetto alle funzioni insediate e infine la progettazione di vere e proprie tipologie di spazi aperti - quali i gradoni, il porticato, il prato e l’aia - ha consentito di mettere in relazione con una nuova logica tutti i volumi preesistenti. Ne è nata una nuova configurazione a borgo (da cui il nome), ricco di spazi aperti eterogenei e fruibili per varie attività.
La scoperta che l’edificio principale aveva una struttura portante costituita da muri in terra cruda, ha determinato la scelta di porre su di esso l’unico accento di diversità architettonica. Le sue facciate sono state ridisegnate tramite la bordatura in intonaco scuro delle preesistenti aperture e tramite un attento lavoro di ripulitura e salvaguardia dei campi in terra recuperabili.
Gli edifici accessori, ognuno con le sue peculiarità costruttive e dimensionali, hanno subìto adeguamenti specifici e dedicati, ma sono stati unificati dalla colorazione accesa dell’intonaco di finitura. Le integrazioni volumetriche proposte, necessarie per l’ampliamento delle funzioni e per il ripensamento del sistema distributivo, in alcuni casi, attraverso un deciso contrasto materico - come per i nuovi solai in ferro a losanghe - si manifestano con piena evidenza arricchendo il repertorio di soluzioni architettoniche e formali, in altri casi - come per le nuove aperture nella porcilaia - si integrano con naturalezza nella struttura preesistente.
Le ricostruzioni invece - per esempio quelle dei tetti - sono il frutto di una libera interpretazione delle tecniche tradizionali, che vengono reinventate a partire dagli elementi costruttivi trovati sul luogo. Lo scarto tra continuità materica e nuova soluzione costruttiva rinnova e adegua il linguaggio architettonico senza elementi di discontinuità. Il fronte di uno dei volumi del borgo è stato, inoltre, impreziosito dall’opera permanente OUSSER realizzata dall’artista Koo Jeng A.
Crediti fotografici Luigi Bartoli, Gabriele Leo, Fondazione La Raia
ArchMarathon - Borgo Merlassino, 2016
Progetto selezionato in short list
La storia del recupero e della trasformazione del borgo Merlassino comincia dai nomi: fienile, stalla, porcilaia, pollaio, deposito, cisterna, letamaia, aia, tettoia, residenza agricola. Questi sono gli spazi e le funzioni che erano presenti in questo complesso agricolo. Tutti abbandonati, tutti dismessi, in avanzato stato di degrado; alcuni completamente invisibili perché interrati o ricoperti dalla vegetazione.
L’intervento decisivo per riscoprire il luogo non è stato fatto tanto sugli edifici, quanto sul carattere e sulla qualità dello spazio tra essi. Una nuova definizione delle quote altimetriche, dei singoli spazi di pertinenza rispetto alle funzioni insediate e infine la progettazione di vere e proprie tipologie di spazi aperti - quali i gradoni, il porticato, il prato e l’aia - ha consentito di mettere in relazione con una nuova logica tutti i volumi preesistenti. Ne è nata una nuova configurazione a borgo (da cui il nome), ricco di spazi aperti eterogenei e fruibili per varie attività.
La scoperta che l’edificio principale aveva una struttura portante costituita da muri in terra cruda, ha determinato la scelta di porre su di esso l’unico accento di diversità architettonica. Le sue facciate sono state ridisegnate tramite la bordatura in intonaco scuro delle preesistenti aperture e tramite un attento lavoro di ripulitura e salvaguardia dei campi in terra recuperabili.
Gli edifici accessori, ognuno con le sue peculiarità costruttive e dimensionali, hanno subìto adeguamenti specifici e dedicati, ma sono stati unificati dalla colorazione accesa dell’intonaco di finitura. Le integrazioni volumetriche proposte, necessarie per l’ampliamento delle funzioni e per il ripensamento del sistema distributivo, in alcuni casi, attraverso un deciso contrasto materico - come per i nuovi solai in ferro a losanghe - si manifestano con piena evidenza arricchendo il repertorio di soluzioni architettoniche e formali, in altri casi - come per le nuove aperture nella porcilaia - si integrano con naturalezza nella struttura preesistente.
Le ricostruzioni invece - per esempio quelle dei tetti - sono il frutto di una libera interpretazione delle tecniche tradizionali, che vengono reinventate a partire dagli elementi costruttivi trovati sul luogo. Lo scarto tra continuità materica e nuova soluzione costruttiva rinnova e adegua il linguaggio architettonico senza elementi di discontinuità. Il fronte di uno dei volumi del borgo è stato, inoltre, impreziosito dall’opera permanente OUSSER realizzata dall’artista Koo Jeng A.
Crediti fotografici Luigi Bartoli, Gabriele Leo, Fondazione La Raia
La storia del recupero e della trasformazione del borgo Merlassino comincia dai nomi: fienile, stalla, porcilaia, pollaio, deposito, cisterna, letamaia, aia, tettoia, residenza agricola. Questi sono gli spazi e le funzioni che erano presenti in questo complesso agricolo. Tutti abbandonati, tutti dismessi, in avanzato stato di degrado; alcuni completamente invisibili perché interrati o ricoperti dalla vegetazione.
L’intervento decisivo per riscoprire il luogo non è stato fatto tanto sugli edifici, quanto sul carattere e sulla qualità dello spazio tra essi. Una nuova definizione delle quote altimetriche, dei singoli spazi di pertinenza rispetto alle funzioni insediate e infine la progettazione di vere e proprie tipologie di spazi aperti - quali i gradoni, il porticato, il prato e l’aia - ha consentito di mettere in relazione con una nuova logica tutti i volumi preesistenti. Ne è nata una nuova configurazione a borgo (da cui il nome), ricco di spazi aperti eterogenei e fruibili per varie attività.
La scoperta che l’edificio principale aveva una struttura portante costituita da muri in terra cruda, ha determinato la scelta di porre su di esso l’unico accento di diversità architettonica. Le sue facciate sono state ridisegnate tramite la bordatura in intonaco scuro delle preesistenti aperture e tramite un attento lavoro di ripulitura e salvaguardia dei campi in terra recuperabili.
Gli edifici accessori, ognuno con le sue peculiarità costruttive e dimensionali, hanno subìto adeguamenti specifici e dedicati, ma sono stati unificati dalla colorazione accesa dell’intonaco di finitura. Le integrazioni volumetriche proposte, necessarie per l’ampliamento delle funzioni e per il ripensamento del sistema distributivo, in alcuni casi, attraverso un deciso contrasto materico - come per i nuovi solai in ferro a losanghe - si manifestano con piena evidenza arricchendo il repertorio di soluzioni architettoniche e formali, in altri casi - come per le nuove aperture nella porcilaia - si integrano con naturalezza nella struttura preesistente.
Le ricostruzioni invece - per esempio quelle dei tetti - sono il frutto di una libera interpretazione delle tecniche tradizionali, che vengono reinventate a partire dagli elementi costruttivi trovati sul luogo. Lo scarto tra continuità materica e nuova soluzione costruttiva rinnova e adegua il linguaggio architettonico senza elementi di discontinuità. Il fronte di uno dei volumi del borgo è stato, inoltre, impreziosito dall’opera permanente OUSSER realizzata dall’artista Koo Jeng A.
Crediti fotografici Luigi Bartoli, Gabriele Leo, Fondazione La Raia
La storia del recupero e della trasformazione del borgo Merlassino comincia dai nomi: fienile, stalla, porcilaia, pollaio, deposito, cisterna, letamaia, aia, tettoia, residenza agricola. Questi sono gli spazi e le funzioni che erano presenti in questo complesso agricolo. Tutti abbandonati, tutti dismessi, in avanzato stato di degrado; alcuni completamente invisibili perché interrati o ricoperti dalla vegetazione.
L’intervento decisivo per riscoprire il luogo non è stato fatto tanto sugli edifici, quanto sul carattere e sulla qualità dello spazio tra essi. Una nuova definizione delle quote altimetriche, dei singoli spazi di pertinenza rispetto alle funzioni insediate e infine la progettazione di vere e proprie tipologie di spazi aperti - quali i gradoni, il porticato, il prato e l’aia - ha consentito di mettere in relazione con una nuova logica tutti i volumi preesistenti. Ne è nata una nuova configurazione a borgo (da cui il nome), ricco di spazi aperti eterogenei e fruibili per varie attività.
La scoperta che l’edificio principale aveva una struttura portante costituita da muri in terra cruda, ha determinato la scelta di porre su di esso l’unico accento di diversità architettonica. Le sue facciate sono state ridisegnate tramite la bordatura in intonaco scuro delle preesistenti aperture e tramite un attento lavoro di ripulitura e salvaguardia dei campi in terra recuperabili.
Gli edifici accessori, ognuno con le sue peculiarità costruttive e dimensionali, hanno subìto adeguamenti specifici e dedicati, ma sono stati unificati dalla colorazione accesa dell’intonaco di finitura. Le integrazioni volumetriche proposte, necessarie per l’ampliamento delle funzioni e per il ripensamento del sistema distributivo, in alcuni casi, attraverso un deciso contrasto materico - come per i nuovi solai in ferro a losanghe - si manifestano con piena evidenza arricchendo il repertorio di soluzioni architettoniche e formali, in altri casi - come per le nuove aperture nella porcilaia - si integrano con naturalezza nella struttura preesistente.
Le ricostruzioni invece - per esempio quelle dei tetti - sono il frutto di una libera interpretazione delle tecniche tradizionali, che vengono reinventate a partire dagli elementi costruttivi trovati sul luogo. Lo scarto tra continuità materica e nuova soluzione costruttiva rinnova e adegua il linguaggio architettonico senza elementi di discontinuità. Il fronte di uno dei volumi del borgo è stato, inoltre, impreziosito dall’opera permanente OUSSER realizzata dall’artista Koo Jeng A.
Crediti fotografici Luigi Bartoli, Gabriele Leo, Fondazione La Raia
La storia del recupero e della trasformazione del borgo Merlassino comincia dai nomi: fienile, stalla, porcilaia, pollaio, deposito, cisterna, letamaia, aia, tettoia, residenza agricola. Questi sono gli spazi e le funzioni che erano presenti in questo complesso agricolo. Tutti abbandonati, tutti dismessi, in avanzato stato di degrado; alcuni completamente invisibili perché interrati o ricoperti dalla vegetazione.
L’intervento decisivo per riscoprire il luogo non è stato fatto tanto sugli edifici, quanto sul carattere e sulla qualità dello spazio tra essi. Una nuova definizione delle quote altimetriche, dei singoli spazi di pertinenza rispetto alle funzioni insediate e infine la progettazione di vere e proprie tipologie di spazi aperti - quali i gradoni, il porticato, il prato e l’aia - ha consentito di mettere in relazione con una nuova logica tutti i volumi preesistenti. Ne è nata una nuova configurazione a borgo (da cui il nome), ricco di spazi aperti eterogenei e fruibili per varie attività.
La scoperta che l’edificio principale aveva una struttura portante costituita da muri in terra cruda, ha determinato la scelta di porre su di esso l’unico accento di diversità architettonica. Le sue facciate sono state ridisegnate tramite la bordatura in intonaco scuro delle preesistenti aperture e tramite un attento lavoro di ripulitura e salvaguardia dei campi in terra recuperabili.
Gli edifici accessori, ognuno con le sue peculiarità costruttive e dimensionali, hanno subìto adeguamenti specifici e dedicati, ma sono stati unificati dalla colorazione accesa dell’intonaco di finitura. Le integrazioni volumetriche proposte, necessarie per l’ampliamento delle funzioni e per il ripensamento del sistema distributivo, in alcuni casi, attraverso un deciso contrasto materico - come per i nuovi solai in ferro a losanghe - si manifestano con piena evidenza arricchendo il repertorio di soluzioni architettoniche e formali, in altri casi - come per le nuove aperture nella porcilaia - si integrano con naturalezza nella struttura preesistente.
Le ricostruzioni invece - per esempio quelle dei tetti - sono il frutto di una libera interpretazione delle tecniche tradizionali, che vengono reinventate a partire dagli elementi costruttivi trovati sul luogo. Lo scarto tra continuità materica e nuova soluzione costruttiva rinnova e adegua il linguaggio architettonico senza elementi di discontinuità. Il fronte di uno dei volumi del borgo è stato, inoltre, impreziosito dall’opera permanente OUSSER realizzata dall’artista Koo Jeng A.
Crediti fotografici Luigi Bartoli, Gabriele Leo, Fondazione La Raia
ArchMarathon - Borgo Merlassino, 2016
Progetto selezionato in short list
Luogo
Novi Ligure (AL), Italia
Committente
privato
Durata
2013 - 2014
Superficie costruita
1.000 mq interni, 5.000 mq spazi esterni
Luogo
Novi Ligure (AL), Italia
Committente
privato
Durata
2013 - 2014
Superficie costruita
1.000 mq interni, 5.000 mq spazi esterni
Luogo
Novi Ligure (AL), Italia
Committente
privato
Durata
2013 - 2014
Superficie costruita
1.000 mq interni, 5.000 mq spazi esterni